Educare all'arte e ai musei
Il testo che segue è tratto dalla pubblicazione Irene Di Ruscio, Per una didattica innovativa dell’arte. Il progetto Giochiamo la città, édicola editore, Chieti 2006.
Che oggi non sia più sufficiente offrire alle scuole che si recano nei luoghi d’arte delle nostre città “visite guidate” è opinione diffusa, ma non radicata. Esiste ancora, infatti, un discreto numero di persone e siti culturali che per “attività didattiche” sul patrimonio artistico intendono quella sola modalità di approccio.
Eppure si va diffondendo sempre più negli anni, il concetto che non basti parlare e descrivere monumenti e opere d’arte, ma che occorra intervenire con azioni di tipo educativo più strutturate ed efficaci, quale ad esempio la didattica laboratoriale.
Molti sono i musei che hanno attivato, anche in Abruzzo, laboratori didattici, ma molto spesso si tratta di attività dirette unicamente allo sviluppo di attitudini manuali o espressive, scollegate da un percorso di apprendimento di contenuti specifici relativi alla materia storico-artistica.
Sono laboratori utili quando riescono a trasmettere ai ragazzi conoscenze relative a tecniche artistiche che a scuola non si ha modo né attrezzature per sperimentare, ma di frequente purtroppo si riducono o a ripetere esperienze che già i docenti di educazione artistica brillantemente svolgono nei laboratori scolastici, oppure divengono operazioni di puro intrattenimento fine a se stesso, talora persino fuorvianti poiché tendono a semplificare eccessivamente alcuni aspetti della creazione artistica e della tecnica esecutiva. Quasi sempre poi, per esigenze legate alla loro stessa natura, questi laboratori vengono svolti in ambienti separati dalle sale espositive, annullando il contatto con l’opera d’arte, che dovrebbe essere uno dei principali obiettivi della visita al museo.
L’esperienza di questi dodici anni di ricerca e di lavoro, in particolare degli ultimi nove trascorsi nei sopra citati musei abruzzesi, mi ha consentito di mettere a punto una metodologia didattica che si fonda su tre considerazioni imprescindibili: la necessità di creare un rapporto diretto e stretto tra l’alunno e l’opera, l’alunno e il museo o il luogo in cui l’opera è collocata; l’importanza di trasmettere ai ragazzi contenuti specifici della materia storico-artistica, contenuti che a scuola non hanno modo e tempo di accostare in maniera approfondita; l’esigenza di rendere piacevole la visita al museo e il contatto con l’opera d’arte.
Di qui derivano i tre elementi caratterizzanti il metodo: 1) vivere il museo, lavorare a diretto contatto con le opere e “appropriarsi” degli spazi espositivi come di luoghi di cui godere, in cui sentirsi a proprio agio; 2) scientificità dei contenuti proposti, senza alcuna banalizzazione o semplificazione, funzionale solo a facilitare il lavoro di chi conduce le attività didattiche; 3) l’uso del gioco didattico come strumento di trasmissione di conoscenze anche complesse della materia, strumento prezioso perché entusiasmante ed efficace.
Sono nati così i laboratori didattici che definirei "laboratori cognitivi" o "di apprendimento", che caratterizzano la mia attività e che sono stati anche lo specifico strumento del progetto “Giochiamo la città”.
In questi laboratori, che si svolgono a diretto contatto con le opere d’arte, vengono trasmessi contenuti propri della storia dell’arte e delle discipline ad essa collegate, come l’iconografia ad esempio, ma non tramite una lezione frontale o il dialogo con gli studenti, bensì attraverso un insieme articolato di operazioni di gioco, concatenate l’una all’altra, che consentono ciascuna il raggiungimento di obiettivi che costituiscono i prerequisiti necessari ad affrontare e svolgere l’operazione successiva.
Ciascuna fase richiede ai ragazzi l’osservazione diretta dell’opera, la lettura e decodificazione di alcuni particolari della stessa, l’attivazione di processi logici deduttivi o induttivi, l’uso della memoria visiva e intellettiva, l’uso della fantasia e della creatività.
Anche questi laboratori prevedono una parte creativa, manuale o espressiva che sia, ma costituisce il momento conclusivo di un percorso articolato di conoscenza delle problematiche ad esso connesse, un momento che diviene insieme verifica e rielaborazione in forma personale dei contenuti appresi.
Una particolare attenzione e cura si pone nella realizzazione di materiali didattici di supporto che siano originali e gradevoli, il che richiede un’attenta ricerca iconografica di partenza, l’attenzione agli aspetti di realizzazione, una buona stampa a colori e l’accortezza di dotare ciascun materiale di una custodia plastificata che ne esalta le qualità, preservandolo anche dall’usura dovuta all’uso da parte di più ragazzi.
È chiaro che simili attività richiedono un investimento importante in termini di tempo e energie per la progettazione: non sono attività improvvisate o realizzate con poco sforzo. È altrettanto chiaro che esse richiedono competenze specialistiche, sia in materia storico-artistica che didattica, poiché è necessario avere molta dimestichezza con i contenuti su cui si lavora per riuscire a tradurli in operazioni di gioco accattivanti, senza per questo banalizzarli. L’obiettivo, infatti, non è quello di intrattenere i ragazzi e farli divertire, si tratta invece di trasmettere loro conoscenze spesso difficili e complesse, rendendole appetibili e di accesso immediato, quasi spontaneo, così che la loro esperienza al museo o in un luogo d’arte sia indimenticabile, sia dal punto di vista emotivo che da quello cognitivo.
Con questo metodo ho impostato il progetto "Giochiamo la città", attraverso il quale non più il singolo museo, ma una città intera con il suo patrimonio artistico, è stata tradotta in gioco didattico, un gioco costruito su contenuti specifici con fatica e scrupolosa attenzione alla correttezza scientifica.
L’utilizzo e il godimento degli spazi della città destinati alla conservazione del patrimonio artistico cittadino, sono stati l’altra prerogativa del progetto, che ha messo i ragazzi a diretto contatto con luoghi e opere d’arte della nostra città, che occupano gli stessi spazi in cui noi quotidianamente viviamo e ci muoviamo, spesso senza vederli. Questo ha ovviamente comportato anche il coinvolgimento di aspetti legati all’educazione al rispetto dei luoghi, della loro conservazione, della loro destinazione d’uso e delle altre persone che li frequentano.
©2006-2013 Irene Di Ruscio